POESIA IN TEMPO DI PANDEMIA
La peste degli untori manzoniana
novelle al tempo del Decamerone
Camus e la sua Tangeri infettata
le febbri perniciose del colera
malanni di latrine e di trincee
bacilli dagli archivi della Storia
Scriviamo al tempo del coronavirus
eppure noi non siamo mai cambiati
presuntuosi impauriti ignoranti
come il primo morto di nostra specie
in un giorno prima di tutti i giorni
al tempo della Terra senza nome
Siracusa, 12/03/2020
URBI ET ORBI
fragile Dio che ti veli di pane
Signore in croce mentre il Cielo piove
pioggia e silenzio denso e surreale
siamo nelle Tue e nelle Sue mani,
Maria Salus Populi Romani
Siracusa, 27/03/2020, venerdì
HAIKU
Sembriamo morti
Come semi interrati
Rinasceremo
Siracusa, 13 aprile 2020, Lunedì dell’Angelo
ALLA FINESTRA
Il sole sui balconi dopo giorni d’umido e nuvole, gioia inconsapevole di uccelli a salutarlo.
Al merlo e al colombo non interessa della mia prigionia, e neppure ai passeri, al pettirosso furbo, impegnati a cercare cibo – gli umani ne lasciano cadere meno e bisogna faticare per trovarne –, a corteggiarsi, a fare i nidi.
Uno sguardo curioso trapassa i vetri: che ci fa l’umana in gabbia? Le inferriate ci separano. E un virus misterioso e subdolo.
Il tempo di ricambiare l’occhiata e un colpo d’ali come sbattere di lenzuola mi lascia alla finestra.
Lo smartphone spalanca visi in cui rivedo la mia perplessità. Rispondo cuoro commento, come una comare al balcone, insoddisfatta Bovary protesa verso un mondo che non la vuole.
Windows apre stanze e mondi virtuali.
Faccio lezione e visito facce, quaderni, ebook, camerette e cucine e librerie di alunni e colleghi.
Il rossetto passato di fretta prima del collegamento non mi toglie il disagio di un’estranea familiarità.
La tv è un affaccio su un mondo che mi manca e che temo. Nasconde insidie che sconoscevo e dal divano la finestra parlante stordisce e spaventa, tenta di distrarmi e mi addolora.
Spengo.
Leggo, medito, prego.
Mi specchio in me, ogni pagina è una finestra di parole, un’orazione è un balcone di silenzio su stanze interiori che non prendevano sole da anni, su intime verande orfane di straccio.
Di nuovo mattina.
Energie nuove, trilli da Biancaneve perché gli uccelli in cortile mi rispondano con le piccole gole innocenti, senza mascherina.
Bio:
Maria Lucia Riccioli, da concittadina di Archimede, Santa Lucia ed Elio Vittorini, insegna (e cerca di imparare, sempre), canta da quando ha memoria (ultimamente, nel coro “Giuseppe De Cicco”), scrive in rete e per “La civetta di Minerva”. Pubblicazioni: il romanzo storico “Ferita all’ala un’allodola” (Premio “Portopalo – Più a Sud di Tunisi”, Kaos Festival, finalista, Premio “Alessio Di Giovanni”, segnalazione), la raccolta di cunti siciliani “Quannu ‘u Signuri passava p’ ’o munnu”(Algra Editore), la fiaba “La bananottera” (VerbaVolant edizioni).